venerdì 30 aprile 2010

14) KPI, standardizzazione, normalizzazione e ponderazione


Gli indicatori di prestazione chiave (Key Performance Indicators o KPI) sono particolari indici che monitorano l'andamento di un processo aziendale.
Esistono principalmente quattro tipi di indicatori di prestazione e sono:

- indicatori generali, che misurano il volume del lavoro del processo;
- indicatori di qualità, che valutano la qualità dell'output di processo, in base a determinati standard (ad esempio rapportando l'indice con un modello di output, o soddisfazione del cliente);
- indicatori di costo;
- indicatori di servizio, o di tempo, che misurano il tempo di risposta, a partire dall'avvio del processo fino alla sua conclusione.
I Key Performance Indicators sono misure quantitative, identificate e definite in anticipo, che riflettono i fattori critici di successo per un'organizzazione. Essi devono riflettere gli obiettivi dell'organizzazione, devono essere le chiavi per misurarne il successo e quindi devono essere quantificabili, devono essere dei numeri. I Key Performance Indicators sono generalmente indicatori di lungo periodo e non cambiano spesso visto che sono strettamente legati agli obiettivi dell'organizzazione. In genere vengono utilizzati per misurare prestazioni, performance, efficienza, produttività etc...sono dei rapporti che permettono di fare paragoni.
In un contesto aziendale gli indicatori chiave di prestazioni (KPI) sono strumenti che consentono di misurare i progressi e le carenze dell'azienda (e quindi permettono di valuatare il performance assessment, il profiling di un'azienda e così via). I Key Performance Indicators sono utilizzati da dirigenti, analisti, specialisti IT e utenti per controllare le attività di business, per misurare le prestazioni e per attuare qualsiasi forma di Performance Management. Oltre a essere allineati con gli obiettivi strategici dell’azienda, essi sono legati al business dell’impresa.


I KPI possono essere distinti in due tipi fondamentali:


- indicatori “competitivi” che misurano le prestazioni chiave del processo ossia efficienza, qualità, servizio;
- indicatori “conoscitivi” che misurano il contesto in cui tali prestazioni sono state ottenute, e quindi volumi di input, volumi di output, (quantità di) risorse impiegate.


I KPI devono possedere anche altre caratteristiche che li rendano veramente efficaci. Devono essere raggiungibili e realistici, in riferimento alla situazione di partenza presa in esame. Devono essere rilevanti per il business in questione e quindi riferibili a misure veramente importanti per la gestione. Devono essere misurabili nel tempo, in modo da poter costruire su di essi obiettivi in evoluzione temporale da raggiungere in un certo periodo futuro di riferimento. Gli indicatori di prestazione registrano parametri quantitativi, di costo, di servizio e di qualità e devono spingere non solo il gestore del servizio, ma anche l’intera organizzazione coinvolta, a raggiungere traguardi prefissati: perché questo si possa realizzare, è necessario che essi siano evidenziati e comunicati a tutta l’organizzazione che deve capire cos’è davvero importante e quali sono le strade per raggiungerlo. Quindi non si tratta solo di un sistema per misurare e controllare la gestione, ma anche per indurre e stimolare comportamenti desiderabili. Questi tassi si possono calcolare non solo nel tempo ma anke nello spazio tenendo quindi in considerazione un fattore geografico di riferimento.


Tuttavia affinchè questi tassi assumano valore, bisogna ricorrere ad un processo di standardizzazione, che permette di confrontare entità con diverse variazioni. Molti delle proporzioni grezze, possono essere utilizzate per confrontare due (o più popolazioni soltanto se le popolazioni sono abbastanza simili riguardo alle caratteristiche che potrebbero influenzare il parametro misurato.
In caso contrario, il raffronto può condurre a conclusioni errate, in quanto tali caratteristiche possono agire come "confondenti" o elementi di "confondimento". Infatti per poter effettuare confronti che abbiano valore, bisogna epurare le singole entità dall'effetto della varianza, e ciò si può attuare, per l'appunto, tramite la standardizzazione e che si ottiene rapportando la differenza tra il valore da epurare e la media, alla scarto quadratico medio, ossia alla variabilità del fenomeno.

In altre circostanze si ricorre invece alla normalizzazione, che è utile quando bisogna confrontare e rendere paragonabili elementi che hanno unità di misura differenti.
Di seguito mostrerò un semplice esempio di normalizzazion: avendo due prove d'esame il cui punteggio grezzo massimo raggiungibile dagli studenti è diverso, 30 nella prima prova e 45 nella seconda prova, non permette di confrontare i risultati ottenuti, per superare questo inconveniente ricorro alla normalizzazione.
La normalizzazione si ottiene rapportando la differenza tra il valore ottenuto e il Min, con la differenza tra il Max e il Min.

In altre circostanze invece appare opportuno ricorrre alla ponderazione, che consiste nell'attribuire importanza diversa ai differenti valori osservati mediante "coefficienti di ponderazione" o in altri termini "pesi".

Spesso accade che debbano effettuarsi sia normalizzazione, standardizzazione che ponderazione: questi si possono realizzare a catena.

Ovviamente affinchè un ilvalore numerico di un indice KPI assuma un senso, bisogna ricondurlo all'interno di un range determinato, che assume valori che vanno da 0 a 1.

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